venerdì 26 febbraio 2021

 VERIFICA DI FINE CAPITOLO P.392

1) a. "Colletti bianchi" è l'espressione con cui Wright Mills designa la borghesia capitalista tipica della società industriali avanzate FALSO. 

b. Con l'espressione "povertà relativa" si intende una condizione di disagio economico temporaneo FALSO. 

c. Una società ha un'alta mobilità relativa se la possibilità di spostarsi nel sistema di stratificazione è uguale per tutte le classi VERO

d. In una società divisa in caste è impossibile la mobilità sociale FALSO.

e. Secondo la labeling theory nessun comportamento è intrinsecamente deviante VERO


2) a. Secondo Weber, gli appartenenti a uno stesso ceto hanno in comune: C. lo stile di vita.

b. Secondo Sylos Labini, quale tra le seguenti caratteristiche non appartiene alle classi medie? D. il possesso di un codice morale sicuro e unitario.

c. Secondo la terminologia di Merton, quale termine descrive la condotta di un individuo che accetta gli scopi socialmente condivisi ma non i mezzi usualmente proposti per conseguirli? D. devianza


3) a. In Durkheim, condizione che si viene a creare in una società quando si indeboliscono i legami tra le persone e viene quindi meno la coscienza collettiva, favorendo così l'insorgere della conflittualità sociale e dei comportamenti devianti: Anomia

b. La soglia precisa, definibile in termini di reddito disponibile o di spessa possibile, sotto la quale un individuo o una famiglia possono dirsi poveri: Linea di povertà

c. Complesso di idee, valori, modelli, norme di comportamento e linguaggi elaborato all'interno della società da uno specifico settore di essa: una classe sociale, una comunità etnica, una categoria professionale o anche una comunità deviante: Subcultura 

4)In che cosa consiste il fenomeno della deprivazione relativa?

La deprivazione relativa è il fenomeno per cui il confronto con standard ideali di riferimento o con status di altri individui o gruppi, percepito come più favorevole, incide in modo negativo e decisivo sul giudizio che le persone si formano sulla propria posizione sociale.

Come si configura il passaggio dalla devianza primaria e quella secondaria secondo la prospettiva della labeling theory?

Lamert esprime il concetto di devianza primaria, ovvero l'iniziale violazione della norma e devianza secondaria, che si costituisce in seguito all'etichettamento sociale. Quando la norma socialmente stabilita viene infranta da un certo comportamento, nei confronti del trasgressore scatta un meccanismo di etichettamento e viene così considerato deviante. Questo porta alla ristrutturazione dell'identità sociale dell'individuo, che impara a vedersi come tale e sviluppa comportamenti e abitudini che lo porteranno a sviluppare una "carriera deviante". 

5) Secondo i dati ISTAT più recenti, risalenti al 2019 le famiglie in Italia che si trovano in una situazione di povertà assoluta sono 1,7 milioni, che corrispondono al 6,7% delle famiglie e a 4,6 milioni di individui. Dopo quattro anni di aumento delle famiglie in povertà assoluta il trend sta diminuendo rimanendo comunque più alto del valore che c'era nel 2008/2009.  Le famiglie in condizioni di povertà relativa nel 2019 sono meno di 3 milioni che corrispondono al 11,4% delle famiglie e corrispondo a 8,8 milioni di persone. 

6) La mobilità sociale implica per gli individui la possibilità di passare da una classe sociale all'altra e quindi di mutare la propria posizione all'interno del sistema di stratificazione. Questa possibilità si può configurare sia come mobilità discendente, ovvero il mutamento verso il basso, che peggiora la condizione dell'individuo virgola virgola, sia come mobilità ascendente, ovvero il mutamento verso l'alto. La mobilità ascendente è vietata per principio nelle società divise in caste. Nel mondo occidentale invece, la stratificazione coesiste con la possibilità di avanzare all'interno della scala sociale, evento realizzabile nell'arco della vita individuale oppure nello spazio di più generazioni.


 I MECCANISMI DELL'ESCLUSIONE SOCIALE



La devianza, ovvero ogni comportamento non conforme ai canoni di normalità e di liceità di una certa società in un determinato momento storico, si configura come la forma più acuta di conflittualità sociale. Essa contrappone gruppi e categorie sociali non già ad altri gruppi o categorie avvertiti come antagonisti, ma alla società nel suo complesso e alle sue norme che governano la vita dei suoi membri. 
In primo luogo, il fatto che la normalità, e conseguentemente la devianza, si costituiscano solo in rapporto alla loro definizione sociale ha un'immediata conseguenza: nessun comportamento è di per sé deviante e ciò che appare tale in un certo contesto sociale o momento storico può non esserlo in altri tempi e luoghi.  Allo stesso tempo, però, il fatto che un certo atto possa apparire "normale" a chi lo compie non ne abolisce il carattere deviante, se così lo definiscono i canoni socialmente costituiti. In secondo luogo, quando parliamo di "norme sociali" ci riferiamo, come sappiamo, a una pluralità di regole di condotta, differenti per tipo di legittimazione e grado di obbligatorietà. La loro violazione, di conseguenza, genera forme molto diverse di devianza, che possono andare dal rifiuto più o meno cosciente delle convenzioni sociali alle forme più efferate di criminalità. L'atto criminale, o reputato tale, costituisce per la società un problema indubbiamente maggiore dei comportamenti stravaganti e anticonformisti delle persone, che comunque destano, per la loro difformità dal comune sentire, l'interesse del sociologo. Infine, l'esistenza di norme diverse per contenuto e tipologia pone problemi di "giurisdizione" tra le une e le altre norme. Le usanze e i costumi morali non sono ugualmente praticati all'interno della società da tutti i membri, mentre le norme giuridiche, emanate dallo Stato, valgono in modo indifferenziato per tutti gli individui. Può capitare così che un soggetto non appaia "deviante" dal punto di vista dei valori del gruppo sociale a cui appartiene, ma sia considerato tale dal punto di vista della legge o di altri gruppi sociali. Può capitare anche che norme morali accettate e condivise dall'intera comunità diventino il sostegno di comportamenti che, di fatto, sono devianti

 LA DEVIANZA SECONDO I SOCIOLOGI

Ma perchè alcuni individui intraprendono una carriera criminale? Come si origina la devianza? Questi interrogativi hanno suscitato l'interesse di molti studiosi, anche non appartenenti al campo della sociologia: nel corso del tempo, filosofi, psicologi, psichiatri si sono confrontati con il fenomeno della devianza e hanno tentato di fornire risposte a tali quesiti. Nella seconda metà dell'Ottocento, in piena cultura positivista, il criminologo Cesare Lombroso ipotizzò addirittura un'origine biologica della devianza e arrivò a sostenere che i criminali fossero identificabili attraverso caratteristiche fisiche. La specificità di un approccio sociologico alla devianza è data dal tentativo di mettere in correlazione l'insorgenza di condotte devianti non già con particolari fattori in divi. duali (siano essi di natura biologica, psicologica o semplicemente biografica), ma con determinate variabili di natura sociale. È all'interno della Scuola di Chicago che nascono i primi studi sul fenomeno della devianza nella forma di ricerche etnografiche su particolari comunità devianti: i vagabondi, protagonisti di "The Hobo" di Nels Anderson; le bande giovanili, analizzate da Frederic Thrasher in "The Gang"; i ladri, a cui è dedicato "The Professional Thief" di Edwin Sutherland. ln queste opere la condotta deviante viene vista come il prodotto di una particolare subcultura, cioè di un complesso di idee, valori, modelli di comportamento e linguaggi elaborato da un certo gruppo, all'interno del quale l'individuo compie un percorso di socializzazione. I sociologi di Chicago, inoltre, studiarono il rapporto tra le diverse comunità devianti e la configurazione spaziale della vita urbana, mostrando come esse tendessero maggiormente a proliferare in certe aree territoriali piuttosto che in altre, precisamente in quelle dove era più alta la disorganizzazione sociale, cioè dove era più debole l'influsso delle norme della società statunitense convenzionale.


 THE LABELING THEORY

Una diversa prospettiva che tenta di fare luce sulla questione della devianza viene proposta da un orientamento teorico che si afferma negli Stati -Uniti negli anni Sessanta del Novecento, a opera di autori come Edwin Lemert, Erving Goffman e Howard Becker, conosciuto con il nome di labeling theory, ovvero "teoria dell'etichettamento". Secondo questa prospettiva, la devianza non è un attributo di determinati gruppi o individui, ma una condizione che si viene a creare in seguito a determinati meccanismi di attribuzione e definizione delle situazioni 
che si sviluppano nel corso dell'interazione sociale. Non ha senso, quindi, cercare presunte "cause" della devianza, visto che questa non è una qualità intrinseca della persona, ma occorre piuttosto ricostruire il processo con cui essa "si definisce come situazione", strutturando l'identità sociale dei soggetti che vi sono coinvolti.  
La "definizione sociale" della devianza opera a più livelli: in primo luogo, la "definizione sociale" della devianza precisa ciò che deve essere ritenuto lecito o normale; in secondo luogo, la " definizione sociale" della devianza circoscrive la situazione che si crea quando la norma socialmente stabilita viene infranta da un certo comportamento, Nei confronti del trasgressore, reale o presunto, scatta un meccanismo di etichettamento: egli è considerato un deviante e trattato come tale. La stigmatizzazione ha l'effetto di innescare un pericoloso processo di ristrutturazione dell'identità sociale dell'individuo: egli impara a vedersi come un deviante, sviluppando progressivamente abitudini, convinzioni e motivazioni che lo allontanano ancora di più dall'alveo della "normalità", in un percorso implacabile a cui Becker dà il nome di «carriera deviante».  Lemert esprime un concetto analogo distinguendo tra devianza

primaria, 
quella connessa all'iniziale violazione della norma, e devianza secondaria, quella che si costituisce in seguito all'etichettamento sociale. La spirale innescata dall'etichettamento sociale può essere ricondotta a quel meccanismo più generale che Merton definisce profezia che si autoadempie, ovvero il fenomeno per cui i processi di attribuzione sociale spesso riescono a orientare il corso degli eventi in direzione perfettamente conforme al significato conferito, Nel campo specifico della devianza, il meccanismo della «profezia che si autoadempie» ci dice che chi è giudicato e trattato da deviante finirà per esserlo davvero. A queste osservazioni si potrebbe obiettare che anche l'insorgere della devianza primaria esige una spiegazione e che la teoria dell'etichettamento non chiarisce nulla in merito. Si può supporre che la socializzazione da parte di subculture devianti, o che la mertoniana tensione tra mezzi e fini, presente soprattutto in certe fasce della popolazione, predisponga alcuni individui più di altri a comportamenti trasgressivi; l'etichettamento sociale farebbe, per così dire il resto, favorendo il passaggio dalla devianza primaria a quella secondaria. Bisogna inoltre considerare che l'opera di etichettamento non è indipendente da variabili socio-ambientali, nel senso che una persona appartenente a uno strato sociale più basso ha maggiori probabilità di essere stigmatizzata come delinquente. 

Bisogna osservare che il percorso verso la devianza secondaria viene spesso alimentato proprio da quelle strutture sociali che dovrebbero correggerla o prevenirla.