giovedì 27 maggio 2021

LA SOCIETA DELLO SPETTACOLO


La società dello spettacolo è un fenomeno che è stato introdotto da Guy Debord. In merito a questo fenomeno, lui afferma: "Lo spettacolo è la principale produzione della società attuale", e tutta la vita delle società nelle quali predominano le condizioni moderne di produzione si presenta come un'enorme accumulazione di spettacoli". Lui sottolinea l’importanza dell’apparire nella società dello spettacolo, individuando anche una decadenza dell’essere in avere. Per Debord l'avere cede all'apparire, come l'essere ha fatto con l'avere. L'avere viene quindi sottoposto all’importanza dell'apparire. In realtà, l'apparire nella società dello spettacolo si può individuare in due modi: in primo luogo abbiamo l'apparire delle merci, che serve per aumentare le vendite, e in secondo luogo abbiamo l'apparire degli uomini. In questo caso l'apparire, che oggi è concentrato sulla visibilità, è necessario ai vantaggi economici, sociali e politici. Per concludere questo discorso, per Debord, la realtà è la seguente: l'apparire è in funzione dell'avere. Questo vuol dire che se l'avere ha sostituito l'essere, lo stesso deve aver fatto anche l'apparire. Di conseguenza, l'apparire ha sottolineato la divisione tra l'uomo di spettacolo e l'essere dell'uomo. L'uomo di spettacolo, per quanto riguarda la sua apparenza, è ancora più distante dall'essenza umana. E per uomo di spettacolo non si intende solo il professionista, il conduttore televisivo, ecc., ma soprattutto, l'uomo che vive nella società dello spettacolo, "protagonista inconsapevole" dello show che lo circonda. Questo è quello che in generale afferma Debord. In seguito, abbiamo anche un’affermazione di Jeremy Rifkin, il quale afferma che La società dello spettacolo si impone anche alla circolazione delle merci trasformando il consumo pagante in shopping. L'apparire è diventato così il reale modo d'esistere delle masse dell'Occidente. La società dello spettacolo può quindi essere definita con il termine di società del Truman show, dove Truman è il nome di un individuo, che vive in un mondo finto, circondato di pure apparenze e finzione. Quindi, la società dello spettacolo viene paragonata alla società del Truman show. Proprio in merito al Truman show, abbiamo il film, "The Truman show". In breve, il protagonista è cresciuto in set cinematografico, però inconsapevole di esserne prigioniero. Quando, alla fine, Truman scopre la verità, cerca di fuggire per rientrare nel "mondo reale". Ma nella società reale, la finzione esemplificata dal film rappresenta la finta realtà della società dello spettacolo, perché il "set televisivo" avvolge realmente tutta la società: è la reale società del Truman show, il cui contrassegno è la finzione assoluta.

 

TRAMA

Truman Burbank, è il protagonista del film, un uomo sui 30 anni, però inconsapevole di essere il protagonista del famoso "Truman Show". In poche parole, è uno show riguardante tutta la sua vita. Truman è inconsapevole di essere ripreso sin dalla nascita, 24 ore su 24. Lui è nato da una gravidanza indesiderata e poi in seguito "adottato" da questo show televisivo con a capo il regista Christof. Truman


abita su un’isola, Sea-Heaven, che in realtà è un enorme studio televisivo diretta interamente dal regista Christof. Tutte le persone con cui Truman si relaziona sono tutte degli attori, come i genitori, l'amico Marlon e sua moglie Meryl, il cui compito è di manipolare e dirigere, tutta la vita di Truman. Tutto su questa isola è finto, il giorno e la notte, il mare e i fenomeni atmosferici. Truman Burbank è un cittadino nella sua città: lavora come assicuratore per la più importante agenzia assicurativa della città. È sposato con Meryl. Per lui i giorni sono tutti uguali, tra lavoro e famiglia. Tutta questa monotonia cambia una mattina, quando per raggiungere la macchina, vede cadere dal cielo una lampada per set cinematografici, enorme sbaglio. Subito però viene rassicurato dalla radio che annuncia il passaggio di un aereo in avaria che perdeva pezzi nel cielo di Sea-Heaven. Dopo questo episodio, la sua vita torna “normale”, però nei suoi pensieri ha sempre in mente Lauren, l’attrice dello show che frequentava il suo stesso college. I due si innamorano al collage, ma tutto questo non poteva continuare perché lei ignorò il copione, venendo così allontanata dal set e facendo credere a Truman di essere partita per le Fiji. Lei riuscì per poco a parlare con Truman, prima di essere allontanata, non riuscendo però a dirgli tutta la verità. Da questo momento in poi e grazie ai ricordi di altri episodi della sua vita, Truman vuole e inizia a cercare la Verità. Molte cose iniziano ad insospettirlo come per esempio: l’incontro con il padre deceduto, l'intercettazione via radio e la scoperta del falso ascensore e quindi inizia a pensare che quello che aveva detto Lauren forse aveva un senso. Proprio per questo, Truman decide di non andare più al lavoro, ma di andare verso un altro palazzo; essendo tutto fuori copione, gli attori non riescono a impedirgli di vedere ciò che si trova dietro il falso ascensore. Allora dichiara a Marlon di voler partire per le Fiji. Per questo motivo, per paura che lui volesse andarsene, la tv inizia a trasmettere spot riguardanti il valore del proprio luogo nativo, ma il protagonista ha ormai perso ogni fiducia, anche nei confronti della moglie, che segue a lavoro. A questo punto, Truman decide di consultare un'agenzia di viaggi, che però non dispone voli, decide quindi di prendere l'autobus ma senza successo. Dopo questi episodi, capisce di essere sotto il controllo di qualcuno e vuole cercare di scappare, decidendo di portare la moglie in un pericoloso giro in macchina che si conclude con l'arresto. Truman, a casa, è nervoso, punta un coltello alla gola di Meryl, la quale per “salvarsi” svela parte del segreto, chiedendo aiuto alla camera. Subito arriva Marlon, che sotto l'aiuto di Christof riesce a far ragionare Truman e a calmarlo. Ma Truman, ancora insospettito, Come ultima spiaggia, decide di superare la sua paura navigando in mare, ma Christof, simula una tempesta alla quale Truman riesce a sopravvivere arrivando alla fine della cupola e sbattendo con la barca al finto cielo. Truman capisce finalmente che è vittima di una finzione in cui ha vissuto per tutta la vita e inizia a piangere. È qui che compare per la prima volta il “dio” di Sea-Heaven, ovvero Christof, che tenta di convincere Truman a restare. Lui però gli volta le spalle e si dirige verso la porticina dalla quale esce per raggiungere la realtà e Sylvia.


giovedì 22 aprile 2021

 

VERIFICA FINE CAPITOLO P. 599

1) a) Nella prospettiva positivistica, la ricerca scientifica comincia dall'osservazione dei dati empirici - VERO

b) Secondo Popper, una teoria è solida se è verificata sperimentalmente - FALSO

c) La sociologia fa frequentemente uso di esperimenti - FALSO

2) E’ un carattere qualitativo ordinabile: C il titolo di studio

3) Procedimento logico mediante il quale ricaviamo conclusioni di carattere universale partendo conoscenze relative a casi particolari, attestati dall'esperienza - METODO INDUTTIVO

4) In quali molteplici sensi può porsi la questione della validità di una ricerca?

Per lo studioso che conduce una ricerca è importante avere la certezza che essa risponda a requisiti di "validità". Questo concetto si specifica in due ulteriori questioni: la validità degli strumenti impiegati e quella dei risultati a cui si approda. Uno strumento è valido se misura effettivamente, e in modo preciso, ciò che intende rilevare. Se si parla dei risultati ottenuti, possiamo banalmente affermare che una ricerca è valida se i risultati a cui approda sono esatti, cioè se rispecchiano l'effettiva realtà delle cose. Bisogna però distinguere tra "validità interna" e "validità esterna”. Si parla di validità interna quando le conclusioni di una ricerca sono valide almeno all'interno dell'ambito in cui è stata condotta. Perché ciò si verifichi non è sufficiente che siano impiegati strumenti validi, ma occorre anche che sia adeguata la condotta del ricercatore e che i risultati siano stati registrati correttamente. Si parla invece di validità esterna quando i risultati di una ricerca si possono estendere a situazioni diverse da quella in cui è stata condotta. Il problema si pone soprattutto per gli studi fatti in laboratorio: condurre un esperimento o predisporre un'osservazione in un ambiente artificioso, appositamente predisposto dallo studioso, se da un lato ha il pregio di conferire maggior rigore alla ricerca, dall'altro può produrre conclusioni difficilmente trasferibili nella realtà quotidiana.

5) In che senso l'epistemologia contemporanea ha messo in discussione la concezione positivistica della ricerca scientifica?

In primo luogo, ha sottolineato la debolezza del principio di induzione: dall'esperienza di casi particolari, per quanto numerosi, non è possibile ricavare una conoscenza certa di carattere universale, giacché molte conferme non sono sufficienti a garantire la bontà di un'affermazione generale, mentre una sola smentita è in grado di invalidarla. ln secondo luogo, l'epistemologia novecentesca ha rifiutato l'idea che la ricerca possa iniziare dalla pura e semplice osservazione dei dati: quest'ultima, in realtà, presuppone sempre un qualche elemento teorico, che orienti l'interesse del ricercatore e guidi la sua stessa osservazione, selezionando e organizzando i dati percettivi.

venerdì 16 aprile 2021

 

DOMANDE P. 592

1)      Che differenza c’è tra teoria e ipotesi?

La teoria è il quadro generale di concetti e principi, tra loro collegati, elaborati per spiegare un certo fenomeno o una certa classe di fenomeni. Un'ipotesi è una supposizione relativa a un fenomeno, o al rapporto che lega due o più fenomeni, di cui si può accertare la correttezza tramite verifica empirica.

2)      Perché l’esperimento si distingue da tutte le altre tecniche di acquisizione dei dati?

Si tratta di una questione di fondo, in quanto l'esperimento differisce profondamente dagli altri metodi di ricerca perché chi ne fa uso non si limita a registrare delle informazioni acquisite con tecniche particolari, ma interviene attivamente sulla realtà da indagare, modificando alcune condizioni e rilevando poi gli effetti di tale cambiamento. Questa procedura, isolando determinati fattori all'interno della situazione di ricerca, riduce al minimo il rischio di distorsione dei risultati dovuto all'intervento di variabili estranee; in più consente, a differenza della semplice raccolta empirica dei dati, di cogliere nessi causali tra gli eventi.

3)       Quali sono le principali procedure non sperimentali?

Se il ricercatore opta per una procedura non sperimentale, deve decidere quale tecnica di rilevazione dei dati utilizzare, scegliendo la più consona al suo lavoro: Un'osservazione diretta dei soggetti di studio, un'inchiesta su una popolazione condotta tramite interviste o questionario, il ricorso a tecniche di rilevazione indirette come i questionari autodescrittivi o i test.

4)      Che cosa sono i caratteri e come si possono classificare?

I caratteri sono una proprietà di un evento suscettibili di rilevazione e capaci di assumere diverse modalità in soggetti e situazioni differenti. Distinguiamo caratteri quantitativi, le cui modalità corrispondono a diverse quantità della proprietà in questione e si distinguono in caratteri discreti e continui; i caratteri qualitativi, le modalità sono semplici categorie, che non designano una specifica quantità della proprietà in questione e si distinguono in caratteri ordinabili e non ordinabili.

5)      Perché è importante la definizione degli indicatori?

Spesso però nelle scienze umane lo studioso ha che fare con realtà immateriali, intraducibili in grandezze fisiche: sono tratti psichici e comportamentali, proprietà di individui e di gruppi. In questo caso è necessario che il carattere che si intende rilevare sia definito in modo concreto e puntuale, attraverso la messa a punto di quelli che vengono chiamati gli indicatori, cioè i "dati spia" empiricamente riscontrabili che ci consentono di rilevarne le modalità.

6)      Che cos’è una distribuzione statistica e come può essere rappresentata?

Il complesso delle diverse modalità e delle rispettive frequenze con cui un determinato carattere si manifesta in una popolazione è detto distribuzione di frequenze o distribuzione statistica. Le distribuzioni statistiche possono essere rappresentate con tabelle oppure tramite grafici, cioè figure che ne rappresentano simbolicamente le caratteristiche.

7)      Che differenza c’è tra validità esterna e validità interna in una ricerca?

Se si parla dei risultati ottenuti, possiamo banalmente affermare che una ricerca è valida se i risultati a cui approda sono esatti, cioè se rispecchiano l'effettiva realtà delle cose.

Bisogna però distinguere tra "validità interna" e "validità esterna”.

-          Si parla di validità interna quando le conclusioni di una ricerca sono valide almeno all'interno dell'ambito in cui è stata condotta. Perché ciò si verifichi non è sufficiente che siano impiegati strumenti validi, ma occorre anche che sia adeguata la condotta del ricercatore e che i risultati siano stati registrati correttamente.

-          -Si parla invece di validità esterna quando i risultati di una ricerca si possono estendere a situazioni diverse da quella in cui è stata condotta. Il problema si pone soprattutto per gli studi fatti in laboratorio: condurre un esperimento o predisporre un'osservazione in un ambiente artificioso, appositamente predisposto dallo studioso, se da un lato ha il pregio di conferire maggior rigore alla ricerca, dall'altro può produrre conclusioni difficilmente trasferibili nella realtà quotidiana.

 

I CARATTERI E GLI INDICATORI


I dati interessano al ricercatore per via di alcuni aspetti o proprietà che li riguardano: nel linguaggio statistico queste proprietà vengono chiamate caratteri o, con un linguaggio meno preciso ma più intuitivo, "variabili", proprio perché possono variare, cioè assumere stati o valori differenti in soggetti e situazioni diversi. Distinguiamo caratteri quantitativi (le cui modalità sono quantità, espresse da numeri) e caratteri qualitativi (le cui modalità sono semplici categorie, che non designano una specifica quantità della proprietà in questione). Sono del primo tipo, ad esempio, l'età di una persona, il numero dei componenti di un nucleo familiare, il tempo impiegato a svolgere un determinato compito, mentre sono del secondo tipo lo stato civile, la nazionalità, il titolo di studio ecc. I caratteri quantitativi sono discreti o discontinui se i numeri che ne esprimono le modalità appartengono all'insieme N dei numeri naturali (è il caso dei numeri dei componenti di una famiglia: possono essere 2, 3, 4, 10 ma mai, 3,5 0 3/8); sono invece continui se le loro modalità appartengono all'insieme R dei numeri reali (il tempo impiegato per svolgere un compito). Tra i caratteri qualitativi, sono ordinabili quelli le cui modalità possono essere disposte in un ordine gerarchico (il titolo di studio), sono non ordinabili invece quelli in cui tale ordine non esiste (è il caso della nazionalità o dello stato civile). La nazionalità o lo stato civile di una persona, la sua età, la sua professione, il numero di fratelli che ha o il tempo che impiega a compiere una certa azione sono realtà che chiunque, anche senza una specifica professionalità, può facilmente ricavare. Spesso però nelle scienze umane lo studioso ha che fare con realtà immateriali, intraducibili in grandezze fisiche: sono tratti psichici e comportamentali, proprietà di individui e di gruppi. In questo caso è necessario che il carattere che si intende rilevare sia definito in modo concreto e puntuale, attraverso la messa a punto di quelli che vengono chiamati gli indicatori, cioè i "dati spia" empiricamente riscontrabili che ci consentono di rilevarne le modalità. Durkheim, nel suo studio sul suicidio, scompone il carattere "integrazione sociale" nelle 3 dimensioni dell'integrazione politica, religiosa e domestica, specificando quindi gli indicatori empirici che definiscono ciascuna delle componenti.

 

GLI STRUMENTI STATISTICI

La statistica è la scienza che si serve di metodi matematici per l'analisi e l'elaborazione di dati relativi a fenomeni collettivi, al fine di trarne conclusioni fondate e rilevanti. Le scienze umane, così come la meteorologia, la medicina, l'economia, ne fanno sistematicamente uso. L'operazione di tradurre in numeri l'oggetto della propria ricerca può essere compiuta in più contesti e a diversi livelli. Questa operazione si chiama "misurazione di frequenza": ciò che possiamo misurare è la frequenza assoluta, quante volte effettivamente una certa modalità compare, e frequenza relativa, il rapporto tra la frequenza assoluta e il numero totale delle rilevazioni effettuate. Il complesso delle diverse modalità e delle rispettive frequenze con cui un determinato carattere si manifesta in una popolazione è detto distribuzione di frequenze o distribuzione statistica. Conoscere la frequenza assoluta o relativa di un fenomeno costituisce comunque una necessaria base di partenza per valutarne l'impatto sociale, avanzare spiegazioni o previsioni, suggerire possibili strategie di intervento. Le distribuzioni statistiche possono essere rappresentate con tabelle oppure tramite grafici, cioè figure che ne rappresentano simbolicamente le caratteristiche.

LA VALIDITA' DELLA RICERCA

Per lo studioso che conduce una ricerca è importante avere la certezza che essa risponda a requisiti di "validità". Questo concetto si specifica in due ulteriori questioni: la validità degli strumenti impiegati e quella dei risultati a cui si approda. Uno strumento è valido se misura effettivamente, e in modo preciso, ciò che intende rilevare.  In psicologia, ad esempio, da un test per la misurazione dell'intelligenza ci si aspetta che misuri effettivamente ciò che intende rilevare, il quoziente intellettivo dell'individuo, e non altre caratteristiche, come la creatività o l'attitudine a svolgere un determinato compito; da un questionario predisposto per un'inchiesta sulla pratica religiosa all'interno di una determinata popolazione, ci si attende che dia informazioni su quello specifico fattore che intendiamo indagare, e non su altri. Tuttavia, è pur vero che, soprattutto in sociologia, può capitare che uno strumento predisposto per rilevare un certo fattore possa dare informazioni supplementari e impreviste su altri aspetti del fenomeno. Nel 1972 gli studiosi statunitensi Morris Rosenberg e Roberta Simmons interpellarono un gruppo di studenti di Baltimora per conoscere la loro posizione nei confronti delle persone di colore. I dati emersi dalla loro inchiesta contenevano però molte informazioni supplementari di ordine sociodemografico. Su tale materiale lavorarono alcuni anni dopo altri due studiosi, Janet e Larry Hunt, studiando in particolare il rapporto tra l'assenza della figura paterna in famiglia e la socializzazione delle ragazze ai ruoli femminili. Se si parla dei risultati ottenuti, possiamo banalmente affermare che una ricerca è valida se i risultati a cui approda sono esatti, cioè se rispecchiano l'effettiva realtà delle cose. Bisogna però distinguere tra "validità interna" e "validità esterna”.


-          Si parla di validità interna quando le conclusioni di una ricerca sono valide almeno all'interno dell'ambito in cui è stata condotta. Perché ciò si verifichi non è sufficiente che siano impiegati strumenti validi, ma occorre anche che sia adeguata la condotta del ricercatore e che i risultati siano stati registrati correttamente.

-           Si parla invece di validità esterna quando i risultati di una ricerca si possono estendere a situazioni diverse da quella in cui è stata condotta. Il problema si pone soprattutto per gli studi fatti in laboratorio: condurre un esperimento o predisporre un'osservazione in un ambiente artificioso, appositamente predisposto dallo studioso, se da un lato ha il pregio di conferire maggior rigore alla ricerca, dall'altro può produrre conclusioni difficilmente trasferibili nella realtà quotidiana.

 

I CONCETTI CHIAVE DELLA RICERCA


Una teoria può essere definita come un insieme di proposizioni organicamente connesse, dotate di un alto livello di astrazione, proposte per spiegare o dare ragione di determinati fatti empirici. Una teoria si articola in una o più ipotesi specifiche; un'ipotesi è una supposizione relativa a un determinato fenomeno o ambito di fenomeni, che si colloca a un livello di astrazione minore della teoria e che è formulata in modo da essere empiricamente controllabile. Se manca la possibilità di un riscontro empirico, l'ipotesi resta una semplice supposizione, per quanto interessante o intrigante; per questo la sua formulazione deve essere tale da indicare indirettamente le esperienze necessarie a controllarne la plausibilità.


I DATI EMPIRICI E LA LORO RILEVAZIONE

Nella ricerca i "dati" sono le informazioni che il ricercatore si procura tramite procedure di tipo empirico. Tali procedure si dividono essenzialmente in 2 tipi, sperimentali, cioè basate sull'uso di esperimenti, e non sperimentali. Si tratta di una questione di fondo, in quanto l'esperimento differisce profondamente dagli altri metodi di ricerca perché chi ne fa uso non si limita a registrare delle informazioni acquisite con tecniche particolari, ma interviene attivamente sulla realtà da indagare, modificando alcune condizioni e rilevando poi gli effetti di tale cambiamento. Questa procedura, isolando determinati fattori all'interno della situazione di ricerca, riduce al minimo il rischio di distorsione dei risultati dovuto all'intervento di variabili estranee; in più consente, a differenza della semplice raccolta empirica dei dati, di cogliere nessi causali tra gli eventi. Tuttavia, il disegno sperimentale non è sempre praticabile: la decisione di isolare determinate condizioni per analizzare in che modo il variare dell'una incida su quello dell'altra, infatti, presuppone che tali variabili siano state riconosciute come significative e importanti, e tale riconoscimento può scaturire spesso solo da ricerche precedenti, condotte con metodi non sperimentali. Inoltre, il metodo sperimentale non si presta allo stesso modo per tutti gli ambiti disciplinari: il suo impiego è frequente in psicologia, dove costituisce il metodo principe di ricerca, in psicologia sociale, mentre è difficile farne uso in antropologia e sociologia. Se il ricercatore opta per una procedura non sperimentale, deve decidere quale tecnica di rilevazione dei dati utilizzare, scegliendo la più consona al suo lavoro: Un'osservazione diretta dei soggetti di studio, un'inchiesta su una popolazione condotta tramite interviste o questionario, il ricorso a tecniche di rilevazione indirette come i questionari autodescrittivi o i test. L'osservazione è una tecnica di ricerca in qualche modo trasversale alle diverse scienze umane, anche per la sua estrema flessibilità e per la sua capacità di essere declinata in forme differenti. In antropologia è diffusa l'osservazione partecipante, in cui lo studioso si mescola ai soggetti osservati; in psicologia si opta spesso per osservazioni di laboratorio, condotte con protocolli rigidi e standardizzati. Altre procedure di ricerca, seppur utilizzabili in varie forme, si abbinano più agevolmente a specifici ambiti disciplinari. ln sociologia è frequente l'uso di questionari e interviste con cui si conducono inchieste, ossia si interpella una popolazione, cioè un insieme di persone che condividono una certa caratteristica. Se la popolazione è troppo ampia per condurre l'inchiesta in tempi ragionevoli, si fa uso di un campione, cioè di un gruppo di soggetti che ne sia rappresentativo, scelto con procedure di estrazione particolari. Il test è uno strumento tipicamente usato dagli psicologi, che sondano per suo tramite determinati tratti psichici. I questionari descrittivi, collaudati in psicologia sociale per lo studio degli atteggiamenti, sono oggi usati anche per la misurazione di altri tratti interiori. Non esiste una tecnica in assoluto "migliore" di altre, ma solo la più idonea a una certa situazione, purché ovviamente ne sia fatto un uso metodologicamente corretto.

 

DOMANDE P. 584

1) Quale idea della ricerca ha il senso comune?

Il senso comune tende spesso a farsi un'idea semplificata e imprecisa della ricerca scientifica. Sia che pensi al lavoro del ricercatore nel campo delle scienze umane sia che immagini scenari di ricerca in quello delle scienze naturali, l'opinione comune tende a credere che l'attività di ricerca consista semplicemente in una "raccolta" di informazioni che la realtà elargisce spontaneamente. Il buon ricercatore, in quest'ottica, è colui che ha la pazienza e la perspicacia per "cogliere" i dati che la realtà gli offre, per notare i particolari, per individuare gli elementi di interesse (somiglianze, differenze, regolarità) e infine per giungere a formulare affermazioni certe o plausibili.

2) Quali sono i presupposti del modello positivista della ricerca scientifica?

Nel XIX secolo il Positivismo, l'indirizzo di pensiero inaugurato da Auguste Comte, filosofo francese e padre della sociologia, caratterizzato dall'esaltazione dello spirito scientifico e intenzionato a estendere le procedure delle scienze esatte allo studio della realtà nel suo complesso, teorizzò un'idea del metodo scientifico molto semplice: lo scienziato sottopone a osservazione i fenomeni, individua tra essi relazioni costanti e infine formula una legge, cioè una relazione che lega tali fenomeni in modo necessario. A fondamento del modello positivista della ricerca stava la fiducia nel processo di induzione, il procedimento logico mediante il quale ricaviamo conclusioni di carattere universale partendo da conoscenze relative a casi particolari, attestati dall'esperienza e nella possibilità di accostarsi ai fenomeni senza disporre di idee o ipotesi preliminari che possano guidare la ricerca.

3) In che senso l’epistemologia ha “smontato” il principio di induzione?

In primo luogo, ha sottolineato la debolezza del principio di induzione: dall'esperienza di casi particolari, per quanto numerosi, non è possibile ricavare una conoscenza certa di carattere universale, giacché molte conferme non sono sufficienti a garantire la bontà di un'affermazione generale, mentre una sola smentita è in grado di invalidarla. ln secondo luogo, l'epistemologia novecentesca ha rifiutato l'idea che la ricerca possa iniziare dalla pura e semplice osservazione dei dati: quest'ultima, in realtà, presuppone sempre un qualche elemento teorico, che orienti l'interesse del ricercatore e guidi la sua stessa osservazione, selezionando e organizzando i dati percettivi.

4) Che cosa sostiene il falsificazionismo di Popper?

Sottolineare la presenza di presupposti teorici in ogni nostra esperienza del reale non significa tuttavia sminuire l'importanza del confronto con i dati empirici, di cui la ricerca si consustanzia: se, da una parte, la teoria guida l'osservazione dei fatti, dall'altra i fatti osservati producono effetti importanti sulla teoria stessa, costringendo spesso il ricercatore a modificarla per adeguarla alle nuove scoperte. E poiché, una sola smentita empirica è sufficiente per smontare un intero costrutto teorico, fare ricerca significa allora cercare nell'esperienza prove e situazioni che possano invalidare la teoria di partenza, al fine di saggiarne la solidità. Come un'automobile sopravvissuta al crash test, sarà una buona teoria quella che ha resistito a ogni tentativo di confutazione: è questa la posizione di Popper del "falsificazionismo".

 

 

LA RICERCA SECONDO L'EPISTEMOLOGIA NOVECENTESCA

L'epistemologia è la branca della filosofia che si interroga sulla natura e sui fondamenti del sapere scientifico. Ci si è chiesti, ad esempio, che cosa siano le teorie scientifiche, in che modo gli scienziati giungano a elaborarle ma anche ad abbandonarle per rimpiazzarle con concezioni nuove. Nel XX secolo la riflessione epistemologica ha avuto una notevole rilevanza all'interno del dibattito filosofico, e in buona parte essa è stata dominata proprio dalla discussione critica del modello scientifico positivista, di cui ha messo in luce i nodi critici. La filosofia della scienza del Novecento, all'interno della quale spiccano figure come quelle di Karl Popper, Thomas Kuhn, Paul Feyerabend, ha messo in discussione proprio i due assunti chiave su cui il Positivismo aveva costruito la sua nozione di ricerca scientifica.

1) Ha sottolineato la debolezza del principio di induzione: dall'esperienza di casi particolari, per quanto numerosi, non è possibile ricavare una conoscenza certa di carattere universale, giacché molte conferme non sono sufficienti a garantire la bontà di un'affermazione generale, mentre una sola smentita è in grado di invalidarla.

2) L’epistemologia novecentesca ha rifiutato l'idea che la ricerca possa iniziare dalla pura e semplice osservazione dei dati: quest'ultima, in realtà, presuppone sempre un qualche elemento teorico, che orienti l'interesse del ricercatore e guidi la sua stessa osservazione, selezionando e organizzando i dati percettivi.


Le aspettative, le conoscenze, le ipotesi creano cioè prospettive diverse di osservazione, all'interno delle quali si formano, in un certo senso, dati differenti. Secondo una nota metafora del filosofo statunitense Norwood Hanson, i due astronomi Tyler Brahe e Keplero, in piedi su una collina all'alba con lo sguardo rivolto verso Oriente, non vedono la stessa cosa: il primo, seguace della teoria geocentrica, "vede" il sole che si leva sull'orizzonte; il secondo, che segue invece la teoria eliocentrica, "vede" l'orizzonte scorrere sotto il sole immobile. Sottolineare la presenza di presupposti teorici in ogni nostra esperienza del reale non significa tuttavia sminuire l'importanza del confronto con i dati empirici, di cui la ricerca si consustanzia: se, da una parte, la teoria guida l'osservazione dei fatti, dall'altra i fatti osservati producono effetti importanti sulla teoria stessa, costringendo spesso il ricercatore a modificarla per adeguarla alle nuove scoperte. E poiché, come abbiamo visto, una sola smentita empirica è sufficiente per smontare un intero costrutto teorico, fare ricerca significa allora cercare nell'esperienza prove e situazioni che possano invalidare la teoria di partenza, al fine di saggiarne la solidità. Come

un'automobile sopravvissuta al crash test, sarà una buona teoria quella che ha resistito a ogni tentativo di confutazione: è questa la posizione di Popper del "falsificazionismo"

 

INTERROGARE LA REALTA' PER RICEVERE RISPOSTE

Immaginate di parlare con una persona che avete conosciuto da poco: il vostro intento è quello di sapere qualcosa in più su di lei e perciò le fate delle domande. Naturalmente, ciò che le chiederete sarà legato ai vostri interessi e alle vostre priorità. Nella ricerca la situazione è analoga: lo studioso pone domande alla realtà "costringendola" a piegarsi ai suoi interrogativi e ai suoi interessi, ma disposto comunque ad accettare le risposte che riceverà, e a mutare, in funzione di queste, la propria visione delle cose. Ma perché interroghiamo la realtà in cerca di risposte? Perché andiamo alla ricerca di dati che forse sovvertiranno i nostri presupposti e le nostre conoscenze? La risposta è che ogni ricerca, qualunque sia l'ambito in cui nasce, prende avvio da un "problema", cioè da una situazione di "mancanza", di privazione, che è vissuta come disagio e che chiede di essere risolta. Talvolta il problema è un fatto concreto, che si impone all'attenzione degli studiosi e dell'opinione pubblica per la sua urgenza e gravità. Nel campo delle scienze umane raramente la ricerca è mossa da emergenze così impellenti, ma scaturisce comunque da fattori di criticità che stimolano l'interesse dello studioso. Nell'ambito della psicologia sociale, ad esempio, lo psicologo statunitense Stanley Milgram condusse nel 1961 il suo esperimento sull'influenza dell'autorità, dimostrando che il principio di autorità può condurre i soggetti a compiere azioni in contrasto con i loro valori morali, quando era iniziato da pochi mesi il processo contro il criminale di guerra nazista Adolf Eichmann. Milgram era interessato a capire quali meccanismi psicologici potessero avere spinto i soldati tedeschi, durante la Seconda guerra mondiale, a eseguire gli ordini disumani che avevano ricevuto. Tra i sociologi, lo statunitense Howard Becker nel suo studio Outsiders cercò di spiegare come nasca la "carriera" di individui e gruppi devianti illustrando i meccanismi di "etichettamento" che trasformano un comportamento trasgressivo nei confronti delle norme sociali in una "qualità" attribuita al soggetto.