DOMANDE P. 584
1) Quale idea della ricerca ha il senso comune?
Il senso comune tende spesso a farsi un'idea semplificata e
imprecisa della ricerca scientifica. Sia che pensi al lavoro del ricercatore
nel campo delle scienze umane sia che immagini scenari di ricerca in quello
delle scienze naturali, l'opinione comune tende a credere che l'attività di ricerca
consista semplicemente in una "raccolta" di informazioni che la
realtà elargisce spontaneamente. Il buon ricercatore, in quest'ottica, è colui
che ha la pazienza e la perspicacia per "cogliere" i dati che la
realtà gli offre, per notare i particolari, per individuare gli elementi di
interesse (somiglianze, differenze, regolarità) e infine per giungere a
formulare affermazioni certe o plausibili.
2) Quali sono i presupposti del modello positivista della
ricerca scientifica?
Nel XIX secolo il Positivismo, l'indirizzo di pensiero
inaugurato da Auguste Comte, filosofo francese e padre della sociologia,
caratterizzato dall'esaltazione dello spirito scientifico e intenzionato a
estendere le procedure delle scienze esatte allo studio della realtà nel suo
complesso, teorizzò un'idea del metodo scientifico molto semplice: lo
scienziato sottopone a osservazione i fenomeni, individua tra essi relazioni
costanti e infine formula una legge, cioè una relazione che lega tali fenomeni
in modo necessario. A fondamento del modello positivista della ricerca stava la
fiducia nel processo di induzione, il procedimento logico mediante il quale
ricaviamo conclusioni di carattere universale partendo da conoscenze relative a
casi particolari, attestati dall'esperienza e nella possibilità di accostarsi
ai fenomeni senza disporre di idee o ipotesi preliminari che possano guidare la
ricerca.
3) In che senso l’epistemologia ha “smontato” il principio
di induzione?
In primo luogo, ha sottolineato la debolezza del principio
di induzione: dall'esperienza di casi particolari, per quanto numerosi, non è
possibile ricavare una conoscenza certa di carattere universale, giacché molte
conferme non sono sufficienti a garantire la bontà di un'affermazione generale,
mentre una sola smentita è in grado di invalidarla. ln secondo luogo,
l'epistemologia novecentesca ha rifiutato l'idea che la ricerca possa iniziare
dalla pura e semplice osservazione dei dati: quest'ultima, in realtà,
presuppone sempre un qualche elemento teorico, che orienti l'interesse del
ricercatore e guidi la sua stessa osservazione, selezionando e organizzando i
dati percettivi.
4) Che cosa sostiene il falsificazionismo di Popper?
Sottolineare la presenza di presupposti teorici in ogni
nostra esperienza del reale non significa tuttavia sminuire l'importanza del
confronto con i dati empirici, di cui la ricerca si consustanzia: se, da una
parte, la teoria guida l'osservazione dei fatti, dall'altra i fatti osservati
producono effetti importanti sulla teoria stessa, costringendo spesso il
ricercatore a modificarla per adeguarla alle nuove scoperte. E poiché, una sola
smentita empirica è sufficiente per smontare un intero costrutto teorico, fare
ricerca significa allora cercare nell'esperienza prove e situazioni che possano
invalidare la teoria di partenza, al fine di saggiarne la solidità. Come
un'automobile sopravvissuta al crash test, sarà una buona teoria quella che ha
resistito a ogni tentativo di confutazione: è questa la posizione di Popper del
"falsificazionismo".
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